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Gli esemplari di Calopsitta sono originari esclusivamente dell’Australia e, in particolare delle regioni centrali caratterizzate da un clima arido o semi-arido. Il loro habitat naturale è costituito da ampie praterie, mentre evita le zone costiere e le foreste. Vivono in grandi gruppi e tendono a stabilirsi sempre nelle vicinanze di specchi d’acqua. Si tratta di uccelli seminomadi che si spostano molto alla ricerca di cibo e acqua. La loro presenza non è registrata nelle regioni meridionali del paese, nei deserti occidentali e nella penisola di Capo York. Prediligono climi secchi e con temperature molte alte e si stabiliscono in zone caratterizzata da piante di eucalipto e arbusti.
La stagione degli amori per questi pappagallini coincide con la fine del periodo delle piogge. In natura nidificano all’interno di cavità nei tronchi degli alberi di eucalipto nei pressi di specchi d’acqua. La femmina depone, in media, dalle 5 alle 7 uova. Le uova di calopsitta sono piccole e bianche. Vengono covate per circa tre settimane sia dalla femmina che dal maschio. I piccoli dopo nati vengono accuditi dai genitori fino alla settima settimana di vita, dopodiché lasciano il nido e diventano indipendenti. I calapsitta sono gli unici pappagalli della specie dei Cacatua che iniziano a riprodursi già dopo il primo anno di vita. In cattività, invece, la riproduzione di questi pappagallini può avvenire in qualsiasi periodo dell’anno. In genere bisogna utilizzare coppie di almeno diciotto mesi e che possibilmente si siano scelte da sole. Non sempre accade che, introducendo un maschio e una femmina all’interno di una gabbia, avvenga l’accoppiamento. Spesso i due pappagallini devono piacersi per potersi accoppiare e l’unico modo per essere sicuri che questo accade è comprare coppie già formate o introdurre più esemplari dei due sessi all’interno della gabbia e aspettare che le coppie si formino spontaneamente. Per favorire la deposizione delle uova bisogna allestire il nido all’interno della gabbia. Il nido consiste in una cassettina di legno di circa quaranta centimetri con un foro per consentire l’ingresso della femmina. Il fondo del nido può essere coperto con segature o con trucioli di legno. In questo periodo bisogna integrare l’alimentazione della femmina con uova sode e semi germogliati per garantirle tutte le proteine necessarie per la formazione e la deposizione delle uova. L’ambiente della deposizione va nebulizzato di tanto in tanto con un nebulizzatore e introdurre nella gabbia una vaschetta con dell’acqua per consentire ai pappagallini di bagnarsi e per creare il giusto tasso di umidità tipico del loro habitat naturale. La deposizione si verifica dopo circa due settimane dall’accoppiamento e i genitori si alternano nella cova delle uova. Dopo circa tre settimane i piccoli cominciano a rompere il guscio grazie ad una specie di corno presente sulla mandibola superiore. Questa operazione può durare anche diverse ore. Appena nati, i pulcini hanno gli occhi chiusi e sono coperti solo da una sorta di peluria gialla che dopo pochi giorni lascia il posto alle prime piume. Imparano a volare intorno alla quinta settimana di vita. Lo svezzamento, invece si ha intorno alla nona settimana.
Gli esemplari di calopsitta si nutrono in natura di piccoli semi, di bacche, di frutta e di verdura. Se si decide di allevare un pappagallino di questa specie bisogna tenere presente, quindi, che la sua alimentazione quotidiana basata su una miscela di semi e granaglie, deve essere integrata con frutta e verdura fresca. Questi alimenti vanno somministrati tutti i giorni e una volta a settimana bisogna dargli anche una spiga di panico di cui sono molto ghiotti. Tra i semi vanno evitati i semi di girasole perché sono troppo grassi. Si possono somministrare le mele, le pere, le arance, il melone, il cocomero, le prugne, le banane, l’uva, le carote, i cetrioli, i peperoni, la cicoria e la rucola. Vanno, invece, assolutamente evitati perché velenosi: avocado, alloro, digitale, acacia, filodendro, mughetto, oleandro, prezzemolo, rododendro, tabacco, albicocche, pesche e ciliegie. Tra gli alimenti da evitare ci sono, inoltre, il cioccolato e i dolci. Infine, bisogna sempre garantire ai pappagallini acqua fresca e pulita, che deve essere cambiata ogni giorno.
Gli esemplari di Calopsitta non sono considerati appartenenti ad una specie a rischio e quindi pur essendo tutelati dalla convenzione di Washington possono essere detenuti e allevati in cattività L’allevamento della calopsitta è ormai il più diffuso dopo le cocorite ed è allevato principalmente a scopo ornamentale. Si adatta bene alla vita in casa e il suo verso non è acuto e forte come quello degli altri pappagalli. Le calopsitte vanno allevate sempre in coppia. Sono animali molto socievoli e per questa ragione la gabbia che li ospita dovrebbe essere posizionata in un posto della casa molto frequentato per evitare che gli animali finiscano con il deprimersi. Questi pappagallini, infatti, tendono a considerare i loro proprietari come suoi simili. Quando vengono lasciati soli troppo a lungo emettono dei fischi per attirare l’attenzione. Se si decide di allevare un pappagallino di questa specie bisogna mettere in conto di dedicargli almeno qualche ora dalla propria giornata, poiché hanno bisogno di uscire dalla gabbia e di giocare. Non sono capaci di articolare le parole, ma imparano a fischiare le canzoncine. I maschi sono più aggressivi e meno socievoli rispetto alle femmine. Sono pappagalli molto intelligenti. In casa le calopsitte vanno tenute in una gabbia o in una voliera grande abbastanza da riuscire a contenere comodamente gli esemplari da ospitate. In media le dimensioni minime di una gabbia sono 75x30x40 per un unico esemplare. Se il numero di esemplari è maggiore, allora bisogna aumentare le dimensioni. E’ preferibile scegliere una gabbia di metallo poiché come tutti i pappagalli tendono ad arrampicarsi con il becco e le sbarre di plastica potrebbero rompersi lasciando scappare il pappagallino o potrebbero staccarsi pezzi che poi potrebbero essere ingurgitati. All’interno della gabbia bisogna prevedere due posatoi posti ad una certa distanza l’uno dall’altro in modo da consentire al pappagallo di saltellare dall’uno all’altro. Oltre ai posatoi, all’interno della gabbia occorre prevedere le mangiatoie e i beverini in numero uguale agli esemplari ospitati. Si possono scegliere mangiatoie in plastica più facilmente lavabili. Fondamentale è la pulizia sia della gabbia sia degli accessori presenti al suo interno che vanno lavati e disinfettati ogni giorni. La gabbia va lavata completamente almeno una volta a settimana per evitare problemi igienico sanitari e preservare la salute degli animali.
Tra le malattie più diffuse tra gli esemplari di Calopsitta c’è la megabatteriosi che viene veicolata da una determinata classe di batteri. Tra i sintomi più evidenti ci sono l’eccessivo dimagrimento, la mancanza di appetito e diarrea. Si tratta di una malattia con un basso tasso di mortalità.
L’aspergillosi è un’infezione molto diffusa tra i volatili ed è causata da un fungo. I sintomi sono perdita di peso, problemi nella respirazione, inappetenza, tosse e vomito. Nella maggior parte dei casi porta alla morte dell’animale. Questi pappagallini sono anche soggetti a infestazioni da acari. Il più pericoloso è l’acaro rosso che si attacca all’animale e si nutre succhiando il suo sangue. Attacca gli animali di notte, mentre durante il giorno resta nascosto nelle fessure delle gabbie. I pappagallini infestati da questo parassita presentano anemia, dimagrimento e debolezza. Può risultare letale, soprattutto se attacca i pulcini. Gli acari respiratori, invece, infestano le vie respiratorie dove vive e si riproduce. Tra i sintomi ci sono difficoltà respiratorie, perdita di voce, tosse e dimagrimento. Nei casi più gravi portano alla morte per soffocamento da muco. La presenza di pidocchi, invece, si nota dal fatto che gli uccellini tendono a pulirsi compulsivamente le piume fino a ferirsi. Ci sono, infine, la Candidosi e la Clamidosi. Nel primo caso si riscontrano debolezza, dimagrimento e la formazione di placche bianche in gola. Nei giovani può essere mortale. La clamidosi, invece, si manifesta con diarrea, sonno, ali pendenti e dimagrimento oltre a difficoltà respiratorie. Non è ad alto tasso di mortalità, ma può essere trasmessa all’uomo.
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