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Uno degli aspetti più delicati dell’allevamento di polli biologici è rappresentato dall’alimentazione. Spesso si incorre nell’errore di pensare che nutrendo i polli con alimenti di produzione casalinga e lasciandoli liberi di razzolare nell’aia si ottengono polli biologici. In realtà non è così. Un pollo per poter essere definito biologico, oltre a potersi procurare da mangiare da solo razzolando, deve essere alimentato solo con granaglie di agricoltura biologica. Questa è la differenza principale tra i polli ruspanti allevati nei pollai domestici e i polli biologici. In commercio si possono trovare mangimi biologici appositamente studiati per l’allevamento di polli biologici, contenenti il giusto mix di granaglie e nutrienti per la corretta alimentazione dei volatili. Lo stesso discorso vale per gli altri tipi di alimenti come frutta, verdura e farine varie. I polli biologici devono essere alimentati solo con cibi di agricoltura biologica siano essi acquistati o di produzione propria. Il resto della dieta sarà completato dagli insetti, dai semi e dai minerali che i polli si procureranno autonomamente beccando e scavando nel terreno durante il giorno. Quella relativa all’alimentazione, inoltre, è anche la voce di spesa più che incide maggiormente sul bilancio di un allevamento biologico poiché, i mangimi biologici costano molto di più rispetto ai mangimi utilizzati negli allevamenti normali e intensivi.
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La normativa europea sull’allevamento di polli biologici impone anche rigide direttive in merito alle caratteristiche dei ricoveri. I pollai, infatti, devono essere delle strutture coperte dove possono essere ospitati fino ad un massimo di 6 polli ogni metro quadro. Ogni ricovero, comunque, non può ospitare più di 3mila polli. All’interno bisogna prevedere i posatoi per il riposo notturno, delle vasche per l’acqua e per il cibo. I ricoveri devono essere sempre dotati di una finestra per consentire il ricambio dell’aria all’interno. Per quanto riguarda, invece, lo spazio esterno, bisogna garantire almeno 4 metri quadri a ogni esemplare.
Non tutte le razze sono adatte a essere allevate con le tecniche dell’allevamento biologico. In linea di massima, comunque, le razze più indicate sono quelle autoctone, poiché sono le uniche ad aver conservato l’istinto al razzolamento e alla vita all’aria aperta. Le razze ibride - quelle selezionate per ottenere una maggiore produttività - non sono adatte a un tipo di allevamento biologico proprio perché incapaci di procurarsi da mangiare scavando e beccando il terreno, quindi la loro alimentazione è totalmente a carico dell’allevatore con un aggravio economico non sostenibile per un allevamento a carattere biologico. Le razze autoctone, invece, essendo più rustiche si adattano meglio all’ambiente circostante riescono a ricavare dal pascolo buona parte dei nutrienti necessari per il loro sviluppo con notevoli vantaggi per la loro salute, per la qualità della carne e delle uova e per l’allevatore che così risparmierà sul mangime e noterà notevoli miglioramenti dal punto di vista della gestione. Le razze autoctone più diffuse per l’allevamento biologico sono quelle italiane e in particolare l’Ancona e la Livornese. Molto apprezzate sono anche la Valdarno e la Padovana. Queste razze sono meno produttive degli ibridi allevati intensivamente, ma, in compenso hanno una mortalità più bassa e producono uova per un periodo di tempo più lungo. Inoltre la qualità e il sapore della carne raggiungono standard molto più alti rispetto a quelli dei grossi e grassi polli provenienti dagli allevamenti industriali, alimentati esclusivamente con mangimi secchi e tenuti per tutta la vita, fermi su di un posatoio a ingrassare il più velocemente possibile.
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