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La malattia invade, come anticipato, l’apparato gastrointestinale, provocando diarrea, oltre che anoressia, vomito, depressione, disidratazione e forti dolori all’addome. Inoltre l’animale infetto perde progressivamente la capacità di produrre leucociti, cellule che nascono nel midollo osseo, basilari per la generazione degli anticorpi, la qual condizione rende così indifeso il gatto nei confronti di qualsiasi altra infezione.
I primi sintomi si vedono dopo quattro-sei giorni dall’attecchimento del virus nel nuovo organismo ospitante. Il gatto comincia a giocare con poca voglia, si stanca facilmente e si lamenta leccandosi l’addome continuamente. Il lamento diventa più insistente alla palpazione della parte dolente, da cui il micio si ritrae immediatamente.Per curare la carenza preoccupante dei leucociti che la Gastrenterite felina comporta esiste una trattamento di sostegno, che prevede anche la somministrazione per endovena o sottocutanea di liquidi fisiologici (come le soluzioni arricchite di glucosio iniettate tramite flebo), in modo da arginare il più possibile la disidratazione dell’animale. In casi parecchio gravi si è costretti a ricorrere addirittura alle trasfusioni sanguigne. Per rimediare al problema del vomito costante molti veterinari aggiungono alla terapia farmaci antiemetici (che hanno proprio questo scopo) e consigliano di modificare la dieta dell’animale alleggerendola in quantità e qualità, magari aumentando il numero di pasti.Per quanto riguardo le procedure trasfusionali, il sangue deve arrivare da un gatto sano, vaccinato oltre i tre anni e che non abbia in programma a breve un vaccino da inoculare. Si preferisce in questi casi aspettare almeno cinque mesi.I medicinali compresi nella terapia sono soprattutto antibiotici, come Gentamicina, Deflamon o Stomorgyl. Quest’ultimo è un antibiotico usato specificamente per l’intestino. Non mancano anche stimolanti del sistema immunitario come Granuloxina filgastin o il più costoso Interferone. Glooke Selected Fortiflora Feline Integratore Probiotico 30 Bustine da 1Gr Umido per Gatti Prezzo: in offerta su Amazon a: 29,32€ |
Una volta portato il gatto a visita dal veterinario, questi partirà dalla storia clinica del gatto e dal racconto del suo padrone per stilare una prima diagnosi. A questi elementi si aggiungerà lo stato complessivo del soggetto che ha davanti, con la sua febbre, disidratazione, debolezza e, toccando l'addome, può rilevare l’ingrossamento dell’intestino e dei linfonodi nell'addome che si presenta quasi sempre dolorante. Esami specifici, per esempio quello delle feci dove sarà individuato il virus, e analisi del sangue per confermare la carenza di leucociti completeranno il quadro.
Per ottenere una buona prevenzione l’unica cosa da fare è vaccinare il proprio gatto appena possibile. Visti i dati statistici riguardanti la morte dei gatti non vaccinati colpiti da Parvovirosi sembra che al momento l’unica profilassi ottima da seguire sia proprio quella del vaccino. Il vaccino presente in commercio attualmente, e utilizzato da tutti i veterinari assicura per fortuna una protezione efficace. E’ possibile vaccinare anche soggetti ad alto rischio come gatte in gravidanza e cuccioli molto piccoli con un particolare tipo di vaccino, chiamato “virus spento”. Purtroppo però l’efficacia di questo vaccino non è immediata quanto quelli normali perché i gatti trattati in tale maniera non sono completamente protetti fino al 7° giorno che segue il secondo vaccino. Le vaccinazioni vive al contrario creano un’immunità più veloce e sicura, l’importante è ricordarsi di effettuare almeno 2 vaccini a intervallo di due – quattro settimane e poi con cadenza annuale. Nelle gatte in gravidanza e nei cuccioli che hanno meno di quattro settimane è vietato ricorrere al vaccino con virus vivo e modificato in quanto potrebbe causare aborto spontaneo o, quanto meno, una serie di danni permanenti al cervelletto dei cuccioli.
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