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Gli allevamenti possono essere di due tipi: amatoriali o professionali. Gli amatoriali per essere definiti tali devono avere meno di trenta nascite annuali e non più di cinque fattrici, non hanno necessità di iscrizione alla CCIA (Camera di Commercio) e neppure al registro IVA, ma nel caso in cui si ottenesse reddito positivo sono tenuti a dichiararlo come "attività commerciale esercitata occasionalmente" ed a iscriversi al Registro Allevatori AUSL. Questo perché legalmente, un allevamento amatoriale non potrebbe fruttare un guadagno.
Per quanto riguarda le normative per gli allevamenti professionali invece, sono molto precise e vanno pertanto rispettate senza giri di parole. In primo luogo c’è bisogno di avere una iscrizione regolare alla Camera di Commercio, nella categoria "Altri". Questo sarà possibile dopo aver richiesto ed ottenuto una valutazione positiva da parte dell’Ufficio Igiene dei Servizi Veterinari presso le A.S.L. insieme alla licenza necessaria per esercitare tale professione, ed alla denuncia di detenzione animali presso l'Unità Ambiente del Comune ove ha residenza l’allevamento. Riportiamo, a titolo informativo, il testo della normativa per aprire un Allevamento Amatoriale. Legge n.394 - 1993 e Decreto Ministeriale 349 – 1994 Un allevamento per potersi dire di qualità deve occuparsi di un numero limitato di razze, (massimo due o tre) in modo da specializzarsi su tutto ciò che riguarda queste razze, ma anche con lo scopo di garantire la salute fisica e mentale ottimale del cane. Un allevamento di valore possiede almeno una o due fattrici con ottimo pedigree, solitamente figlie di campioni. Ogni elemento di ciascuna nuova cucciolata và iscritto per legge ai registri dell’ENCI (Ente Nazionale della cinofilia Italiana), questo permetterà loro di partecipare a eventuali gare e mostre canine. Le mostre e le esposizioni sono un punto d’incontro tra vari addetti ai lavori, per cui diventano automaticamente una buona fonte di contatto tra allevatori e appassionati.La legge prevede che un proprietario di un cane di sesso femminile che provveda a produrre con esso una cucciolata, diventa automaticamente un allevatore. A prescindere dall’età o dalla razza del cane stesso. Se le cucciolate sono poche e molto diluite nel corso degli anni l’allevatore è definito amatoriale, senza dunque un riconoscimento come tale a livello nazionale, anche per questo non è obbligato a inquadrare la propria “attività” a livello fiscale. L’autorizzazione concessa dall’ENCI a diventare a tutti gli effetti un allevatore professionista richiede che questi sia proprietario dei suoi cani almeno da un anno, che abbia tra loro almeno due femmine già madri di una cucciolata, appartenenti alla stessa razza e che abbiano ottenuto, durante una esposizione almeno la qualifica di “Molto Buono”. La richiesta sarà seguita da un controllo da parte delle autorità competenti degli spazi e delle strutture dell’allevamento, che verificherà se rispondono ai criteri per garantire una corretta crescita dei cuccioli.
Secondo il testo della normativa vigente (Legge 23 agosto 1993, n. 349: Norme in materia di attività cinotecnica) la legge prevede che:Art. 1 - (Attività cinotecnica)1. Ai fini della presente legge, per attività cinotecnica si intende l'attività volta all'allevamento, alla selezione e all'addestramento delle razze canine.Art. 2 - (Definizioni)1. L'attività cinotecnica è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.2. I soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l'attività cinotecnica di cui al comma 1 sono imprenditori agricoli, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.3. Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell'arco di un anno un numero di cani inferiore a quello determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. (1)(1) Si veda ora il D.M. 28 gennaio 1994: Definizione di "imprenditore agricolo", ai sensi dell'art. 2, comma 3,della legge 23 agosto 1993, n. 349, recante: "Norme in materia di attività cinotecnica" (Pubblicato nella G.U. n. 40 del 18 febbraio 1994), il cui articolo unico stabilisce quanto segue:Articolo unicoNon sono imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di cuccioli inferiore alle trenta unità.Art. 3 - (Disciplina dell'attività cinotecnica)1. Coloro che esercitano, a qualsiasi titolo, attività volte all'allevamento e all'addestramento delle razze canine sono tenuti a rispettare le disposizioni emanate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano,nonché, per le attività che attengono alla selezione delle razze canine, le disposizioni adottate dall'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI).Art. 4 - (Programmi di sviluppo dell'attività cinotecnica)1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, in conformità ai propri ordinamenti, programmi di sviluppo dell'attività cinotecnica.Per tutelare l’incolumità e la salute dei cani ospiti dell’allevamento è indispensabile che l’area ad esso dedicato sia stata progettata e costruita secondo le norme previste dalla legge in materia. Gli spazi aperti, in particolari, devono essere a disposizione degli animali per il tempo minimo di almeno un’ora al giorno, poiché il movimento all’aperto è una parte fondamentale di moltissime razze (basti pensare a Boxer, Dobermann o Pastore tedesco) ma resta un coadiuvante di una sana crescita psicofisica di tutte le altre razze. Il contatto e l’interazione tra i cani dell’allevamento non è limitata, ma diventa controllata, fino a provvedere all’isolamento, nei confronti di cani che soffrono di qualche patologia o di animali esterni all’allevamento stesso. Questo per motivi legati all’igiene o semplicemente per scongiurare contagio di malattie.
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